Quello che volevo fare era scrivere sulla relazione fra scienza, arte e cultura. In particolare, sulla coesistenza della necessità di creare e della necessità di consolidare, focalizzandomi sulla seconda metà del novecento. Allora, il concetto di struttura, la necessità di “strutturare”, era dappertutto, dalla semiotica, alla matematica, alla letteratura. E conviveva con la necessità di sperimentare forme nuove, concetti nuovi e rivoluzionari.
Volevo fare un parallelo fra Bourbaki e Roland Barthes. Entrambi sono strutturalisti e indagare il legame fra gli spazi vettoriali e “La camera chiara” mi pare una cosa molto interessante. E’ chiaramente un progetto molto al di là delle mie conoscenze e capacità, però in qualche modo lo ho iniziato. Sono partito da una cosa molto più semplice, di cui si legge spesso: la matematica è bella. E in particolare, si dice che l’equazione più bella della matematica sia questa:
L’idea era di fare vedere che è sia bella che utile. E’ utile di sicuro, perchè alle superiori risolvevamo i circuiti in corrente alternata usando in pratica quella formula, e volevo scrivere come facessimo. E’ bella perchè ha una forma semplicissima e usa dei simboli famosi, che si possono collegare a concetti non solo scientifici ma della cultura in generale. Lo 0 è il vuoto, l’1 è il tutto, + e = rappresentano concetti innati, addizione e confronto. La distanza dal “naturale” aumenta un po’ col pigreco, ma è legato al cerchio, e il cerchio è dappertutto nella cultura dell’uomo. Più difficile è i, ma in qualche modo sarei riuscito a fare accettare che serva un oggetto che sia la radice quadrata di -1. Risolvere le equazioni “impossibili” tipo è una sfida, e le sfide hanno sempre interessato l’uomo. Mancava e. Cos’è? “la base dei logaritmi naturali”. Ora, per quanto io mi sia sforzato, non ho trovato il modo di spiegare questa cosa in due parole, anche perchè mi sono accorto che non avevo idea di cosa volesse dire “naturale”. Che un numero come 2.7182818.. sia naturale, non mi pare per nulla ovvio.
Ho iniziato allora a cercare un po’, e mi sono imbattuto in una vicenda storica molto interessante, mi ci sono perso e di Barthes non ho più scritto niente. Lo stimolo a ricercare su queste cose è venuto comunque anche da Bourbaki, perchè nel suo libro sulla storia della matematica c’è la domanda “Chi ed in quale epoca ha scoperto il teorema che lega la quadratura dell’iperbole ai logaritmi?”, il che vuol dire che si sarebbe rivelato interessante scoprirlo.
La definizione di e è la sintesi del risultato di più di un secolo di ricerche, inizialmente scorrelate e poi riassunte al momento della nascita di quella che oggi chiamiamo “analisi matematica”. Una delle prime cose che ho imparato è che la prima definizione di quelli che sono oggi i logaritmi è “numeri artificiales”, altro che “naturali”. Il cammino era tutto in salita, ed effettivamente sono riuscito a capirci qualcosa solo dopo tanti sforzi. Non ho capito tutto, però mi conforta il fatto che, in uno dei riferimenti che ho messo nella bibliografia, uno storico della matematica dice che la cronologia dei fatti non è esattamente definita. Allora la corrispondenza fra gli scienziati non veniva pubblicata, e dato che l’invenzione dei logaritmi è stata rivoluzionaria e ha scatenato un grande fervore di ricerche, c’erano decine di persone che pensavano alle stesse cose e seguire tutto è praticamente impossibile.
Quella che segue è una cronologia dei fatti, ci sono dentro termini matematici che sarebbe lungo spiegare e secondo me non vale la pena, quello che mi pare importante è che la definizione di e come base dei logaritmi è decisamente a posteriori . Nei centocinquant’anni di ricerche, questa definizione trova un senso solo alla fine, prima gli interessi erano altri. Sarebbe bello essere capaci di analizzare questa cosa da un punto di vista storiografico: la definizione che usiamo oggi fa sparire completamente le motivazioni precedenti. Un po’ “la storia scritta dai vincitori”, sarebbe un bello spunto per qualcuno che ci si voglia cimentare.
Nel 1600 i calcoli astronomici – che si basavano su formule di trigonometria – erano difficili, moltiplicare e dividere numeri a mano numeri di molte cifre era un lavoro dispendioso in termini di tempo e con un rischio di errore molto elevato.
1614: Neper pubblica “Mirifici logarithmorum canonis descriptio”. I logaritmi sono un sistema per fare i calcoli con i seni di un angolo, non una funzione matematica. Trasformano le moltiplicazioni in somme, molto più facili da fare. Neper non conosce – e non gli interessa – il numero e e il concetto di “base” dei logaritmi. Usa tantissima algebra per calcolare le tavole dei logaritmi dei seni di un angolo, e per farlo usa un modello cinematico di punti in movimento uno rispetto all’altro. L’invenzione dei logaritmi e la facilità di calcolo conseguente fanno scalpore e tantissimi matematici si mettono a studiarli per migliorarli.
1624: Briggs (era d’accordo con Nepero, si conoscevano e lavoravano insieme, Neper muore nel 1617 senza vedere i risultati) pubblica Arithmetica logaritmica (tavole dei logaritmi a base 10). I calcoli diventano più semplici. I logaritmi diventano più generali, non è indispensabile il collegamento col seno di un angolo.
1647: Gregoire de Saint-Vincent collega i logaritmi alla quadratura dell’iperbole equilatera xy=1. Per la prima volta i logaritmi non sono solo un sistema di calcolo ma anche una funzione.
1665: Newton ( e altri ) mostrano che la serie infinita (1+1/n)^n converge a 2.71828218. Al momento, del fatto che questo numero sia importante non c’è traccia.
1668: Mercatore introduce la definizione di logaritmo naturale – naturale perchè legato al calcolo dell’area di una figura geometrica, allora in matematica “naturale” era calcolare aree e volumi. Il logaritmo naturale di x è l’area di un segmento iperbolico. Non importa sapere cosa sia, importante quello che _non_ è: non è l’area sotto la curva. Perchè l’area sotto la curva si riveli importante, bisogna che esista il calcolo integrale e il calcolo integrale ancora non esiste.
1683: Jacob Bernoulli pubblica lo studio sull’interesse composto nel quale compare il numero 2.7182818. Su questo ho scritto.
1727 o 1728: Eulero usa la lettera e per la costante 2.7182818 in un lavoro non pubblicato sulla forza esplosiva nei cannoni
1735: Eulero pubblica Mechanica, il primo libro stampato dove compare la costante e
1748: in Introductio in analysin infinitorum, Eulero introduce e come il numero per il quale l’area del settore iperbolico da 1 a e vale 1, introduce la base dei logaritmi, usa il “logaritmo naturale” come base della funzione esponenziale.
Ovvero: la pagina di wikipedia ci illustra quello che sapeva e interessava a Eulero nel 1748, più di cent’anni dopo l’introduzione del termine logaritmo, avvenuta con tutto un altro scopo. Nepero non ne aveva idea.
25/05/2025
Bibliografia:
The Mathematics Of Great Amateurs by Julian Lowell Coolidge https://archive.org/details/mathematicsofgre005808mbp/page/n131/mode/2up
John Napier and the invention of logarithms, 1614: a lecture by Hobson, Ernest William, 1856-1933 https://archive.org/details/johnnapierinvent00hobsiala/page/28/mode/1up
e: the story of a number by Eli Maor https://press.princeton.edu/books/paperback/9780691168487/e-the-story-of-a-number
Elements of the history of mathematics by Bourbaki, Nicolas https://archive.org/details/elementsofhistor0000bour
Logarithms: The Early History of a Familiar Function – John Napier Introduces Logarithms (aa.vv.) https://old.maa.org/press/periodicals/convergence/logarithms-the-early-history-of-a-familiar-function-john-napier-introduces-logarithms
Sulle origini dei logaritmi e della costante e , Mario Marobin http://www.marobin.it/_media/origini-della-costante-di-nepero.pdf
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